Sostiene Pereira che la Storia non è mai finita, nemmeno da vecchi
Il sole, sfavillando su Lisbona, ha dovuto concedere una grande ispirazione ad Antonio Tabucchi per sostenere che la vita, nella storia difficile degli anni peggiori d’Europa, non può finire nemmeno per un giornalista quasi in pensione, vedovo e solo.
25 Luglio 1938, Salazar in Portogallo, la Spagna dilaniata tra Franco e Repubblica, l’Italia lontana ma sempre presente, una Germania incombente ma di riflesso; la Francia, e i suoi romanzi ottocenteschi che solo ottocenteschi non sono, a guidare il percorso di liberazione dalla paura. Uno scenario non ovvio e appositamente scelto per rappresentare quella che è, più d’un bisogno, una voglia necessaria: la libertà. Potremmo ridurre Sostiene Pereira a un grande romanzo civile? C’è il sogno velato di incubo, la solitudine senza rimorso, la scelta quasi inconsapevole, l’amore coniugale e fedele e quello vibrante dei giovani.
Ma qual è il vento, la brezza che soffia a Lisbona per svegliare questo Pereira - albero di pero in portoghese, nome d’origine ebraica a cui l’autore volle rendere omaggio - troppo vecchio e cardiopatico per notare ancora ciò che gli succede intorno? Questo giornalista di cronaca nera - che non sa di nessuna notizia – finito alla pagina culturale d’un quotidiano pomeridiano? Eppure quell’Europa aveva argomenti. Il vento, la brezza: sarà Francesco Monteiro Rossi.
Un giovane italo-portoghese preso a collaborare per la rubrica culturale con l’incarico particolare di scrivere necrologi anticipati : per curriculum solo per la sua “tesi sulla morte” all’università, necrologi da utilizzare nel caso in cui un qualche grande letterato muoia. Il ragazzo è un anarchico bonaccione, principe innocente della rivolta ai regimi, in ogni loro forma; inconsapevolmente. I necrologi, per iniziativa del giovane, verteranno sempre su un qualche protagonista letterario vicino ai regimi; come se ne desiderasse una morte condita di giudizi severi. Piccole rivoluzioni difficili da accettare per chi non vuole esporsi. Il vecchio Pereira, sostiene, pagherà controvoglia gli articoli “pur non sapendo perché, essendo questi inutilizzabili”. La storia comincia qui. In un’accattivante prosa, semplice e gustosa, con molte abitudini e sparsi ritocchi, la storia costruita è di quelle strabilianti: il vecchio giornalista comincerà a scoprire ciò che è diventato il suo Portogallo, l’Europa, i caffè, le botte, la resistenza, il mare e lui stesso. Le concitate rincorse del giovane e i discorsi col ritratto di sua moglie morta di tisi lo porteranno ad aumentare la sua sofferenza di cuore, maltrattato da una dieta terribile e abitudini sciocche.
Nel tentativo di ristabilire il suo corpo incontrerà un medico che ristabilirà la sua visione delle cose. Semplicemente confidandogli una teoria sull’anima, sulla sua variabile conversione a nuovi percorsi e sul fatto che, come un uccello, se l’anima vede un nuovo cielo azzurro si libra in volo. E il cielo di Lisbona, sempre un po’ più grigio di polizia e paura, lo richiamerà a essere vivo.
Una storia delicata, agrodolce e frizzante nel suo essere vegliarda. La chiave sarà la volontà di non lasciare solo nessuno, di far sapere qual’è l’aspetto più crudo del potere, di seguire un’amicizia nata per caso per il rispetto che ad essa si porta. Un vecchio malconcio può sconfiggere il reato dell’impunita ferocia dei regimi, pur nella sua infinita debolezza. Un personaggio, ci dice l’autore, che gli è come ronzato a lungo intorno: impossibile non catturarlo. Attuale, vivificante e leggero: una carezza sul mare incerto della coscienza. L’eco che Tabucchi ci dà di Pessoa, sospeso tra le righe amanti di quel paese, non ci distolga troppo dal prenderlo come un’avventura normale.
Paradossale leggerlo mentre la Turchia brucia di violenza senza paura: per impotenza o voglia di capire un conflitto sociale che è molto più vicino a noi di quanto si pensi. A quasi vent’anni dalla sua pubblicazione questo romanzo si erge ancora a sfidare l’indifferenza: nel 1994 infatti, appena uscito, divenne baluardo della libertà d’informazione durante la prima campagna per le elezioni politiche guidata da Silvio Berlusconi. Un biglietto da visita non male, senza che questo libro lo avesse mai chiesto. Oggi non chiediamogli questo: ma sotto questo sole cocente che si ripete, come a Lisbona, preghiamo che ci sostenga, Pereira, nella grande difficoltà di essere attuali e rispondere, sempre.
Recensione di Giacomo Stroffolini già pubblicata su L'UnInformato con il titolo "(Ci) Sostiene Pereira".