Chi durante la seconda guerra mondiale si trovò coinvolto nella realizzazione del Deutsche Louvre, che doveva ospitare i migliori pezzi d'arte d'Europa? Chi è responsabile del furto della "Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d'Assisi" del Caravaggio, rubata nel 1969 dall'Oratorio di San Lorenzo a Palermo e mai più ritrovata? Quali perdite hanno portato in Abruzzo il terremoto e le iniziative maldestre del governo? Dove sono finite opere come il "Concerto" di Vermeer, la "Tempesta sul mare di Galilea " di Rembrandt o il "Ritratto con signora" di Klimt? Il furto di un'immagine non è soltanto la sottrazione di un oggetto, è piuttosto la cancellazione di un messaggio, di un'identità. Anche la massificazione è un furto, in quanto annichilisce le energie individuali. L'energia circola soltanto se può essere trasformata in qualcos'altro, se si trasforma in nutrimento per un popolo.
L'opera d'arte infatti non ha valore soltanto per ciò che è, ma soprattutto per ciò che può diventare e all'ingegno umano è dato il compito di mutarla "di senso e di segno". Negli ultimi anni, invece, essa si è fatta merce, status symbol o strumento di potere, svuotandosi del suo significato estetico, didattico e catartico. Resta che, esposta alle continue minaccie della storia come delle mode, quanto più è rara e fragile tanto più è preziosa e ricercata. In un centinaio di pagine Luca Scarlini affronta, con una ricca bibliografia e spunti interessanti sia per gli addetti ai lavori che per i curiosi, il problema dell'arte nel museo più grande del mondo. Infatti, nonostante nel nostro secolo il concetto di tutela sia meglio definito e normato, nei fatti il mercato clandestino delle opere d'arte continua ad aumentare senza controllo, mancando un elenco generale delle opere pubbliche e private e delle loro collocazioni. Inoltre, mentre in America le collezioni, gestite secondo l'ottica liberista, sono a rischio di vendita e di svendita per musei che sono allo stremo delle proprie risorse economiche, l'Italia manda in crisi un modello conservativo millenario sotto i colpi dell'evento e dell'istante, che mortificano qualsiasi programmazione culturale a lungo termine e pongono in secondo piano esigenze solo sbandierate come la salvaguardia e lo studio. Non più luogo sacro laico in cui ammirare in silenzio la bellezza, il Museo si è trasformato - attraverso la politica e per assimilazione - in uno semplice strumento di consenso. Analizzare le responsabilità dello Stato italiano e della Chiesa nella gestione del nostro patrimonio, i pericoli della decontestualizzazione artistica, i modelli proposti da Ranuccio Bianchi Bandinelli e da Federico Zeri, la depenalizzazione dei reati sui beni culturali, accende i riflettori sull'ennesimo orrore del nostro governo: aggravare una crisi che non trova alcun argine né nel buon senso sociale né nell'interesse politico, inquinando l'intelligenza del confronto. In maniera svelta e accattivante, Scarlini ci racconta di rapporti tra arte e criminalità organizzata, di collezionismo, di antiquariato lecito e illecito, di manie e passioni, di trafficanti e avventurieri, di iconoclasti e attentatori colpiti dalla "Sindrome di Erostrato", di fenomeni mediatici o semplicemente di matti, attraverso la realtà, il cinema, la letteratura, il videogioco. Oppure attraverso i fumetti, come quelli della serie Storie d'arte e misfatti promossa da Legambiente, che illustra le imprese del Comando per la tutela del Patrimonio culturale dei Carabinieri, al cui attivismo in Italia sono precipuamente affidate dal 1969 le imprese di ritrovamento, recupero e protezione dei beni d'arte. Come viene denunciato da Andrea Ilari - capo del comando della Lombardia con sede a Monza - sono sempre più numerose le tele che vengono smembrate in pezzi più piccoli, i paliotti che diventano piani di tavoli, le acquasantiere che si trasformano in fontane d'arredamento per favorire l'occultamento e quindi lo smercio di oggetti artistici. Eppure, ogni volta che perdiamo arte togliamo tessere ad un mosaico la cui lettura diviene sempre più difficile, se non impossibile, ricorda Scarlini: drammaturgo, storyteller in scena, insegnante all'Accademia di Brera e persino docente alla Scuola Holden. Sarà per questo che l'autore, nell'ultimo capitolo, si concede il lusso di abbandonare l'inchiesta per dare prova delle sue abilità di scrittore: il racconto del furto dell'Urlo di Munch alla Galleria Nazionale di Oslo nel febbraio 1994 diviene metafora tragicomica dell'urlo di tutte le opere d'arte del mondo, che chiedono urgentemente di essere salvate.
Un assaggio: "Cinquantacinque secondi per rubare una delle immagini più famose tra Otto e Novecento, tra le pochissime a essere entrate nel canone condiviso, insieme a Guernica e a pochi altri lavori del moderno".
Recensione di: Maria Carmen Masi già pubblicata su Planet Magazine