Tengo tutti i libri di Erri De Luca lì, ordinati sullo scaffale: mi piace leggerli di tanto in tanto, mi purificano l'anima prima di procedere con cose nuove. Quell'effetto di pancia che respira, di emozione pura che si fa forma, slegata e indipendente da quasiasi contenuto.
Tre cavalli, che racchiude molti elementi autobiografici, è la storia di un giardiniere, acuto lettore, che nella conoscenza di una prostituta di cui si innamora, e nei loro brevi ed appassionati incontri, rievoca attraverso intensi flashback un precedente grande amore, la lotta contro la dittatura che si trova a combattere in primo piano dopo averla seguita in Argentina e infine la sua perdita. E l'uccisione di un uomo, che non dimenticherà mai e che sempre resterà a macchiare la coscienza impedendo sonni tranquilli.
È un livello superiore dell'uso della parola quello di Erri De Luca. È pura voce senza inchiostro, è un turbine di emozioni sparate con forza addosso al lettore, in quella che si percepisce come un'urgenza di tirarle fuori da se perché troppo grandi per poterle contenere.
"Leggo gli usati perché le pagine molto sfogliate e unte dalle dita pesano di più negli occhi, perché ogni copia di libro può appartenere a molte vite e i libri dovrebbero stare incustoditi nei posti pubblici e spostarsi insieme ai passanti che se li portano dietro per un poco e dovrebbero morire come loro, consumati dai malanni, infetti, affogati giù da un ponte insieme ai suicidi, ficcati in una stufa d'inverno, strappati dai bambini per farne barchette, insomma ovunque dovrebbero morire tranne che di noia e di proprietà privata, condannati a vita in uno scaffale."