“Se non ci sono altre domande” di Paolo Virzì, è uno spettacolo teatrale commovente e intenso; la trama, già di per se originale ma difficile, si lega alla bravura consolidata degli attori riuscendo nell’impresa di far contemporaneamente ridere, commuovere, riflettere.
Silvio Orlando, l’unico Silvio che conosco meritevole di essere citato, è sempre strepitoso. Anche nel rivestire e interpretare il ruolo di un “uomo medio”: Michele Cozzolino, che in un frangente particolare della sua vita, viene costretto a ripercorrerla attraverso il ricordo e il racconto di episodi cruciali, molti dei quali dolorosi o addirittura deplorevoli. La graduale ricomposizione del mosaico di una vita piccola e povera porta alla rappresentazione di Michele come emblema delle fragilità della natura umana, delle sue debolezze intrinseche, che sono poi, a ben guardare e in misura diversa, patrimonio di tutti.
Tutto ciò davanti ad un pubblico impietoso che giudica e chiede di più. Più di quanto il protagonista ricordi, più di quanto è disposto ad ammettere a se stesso, morbosamente avido di dettagli piccanti.
Una rappresentazione che riflette la società attuale, assetata di vite sconosciute, sprezzante delle debolezze altrui ma tollerantissima con le proprie; come se, giudicando gli altri, si possa evitare di giudicare se stessi e in questo modo sentirsi, in un continuo e imparziale paragone, migliori.