Questo, come già altri libri precedenti di Erri De Luca, si impernia sulla storia di un personaggio biblico.
E disse è il racconto della vita di Mosè, primo alpinista, come De Luca lo definisce. Attraverso le sue scalate al monte Sinai si ripercorre la storia dell'uomo che guidò il popolo ebraico nella fuga dall'Egitto; ma anche della genesi e dei dieci comandamenti ricevuti da Mosè stesso e tramandati ai popoli.
Già con il titolo, l'autore vuole sottolineare l'importanza della parola di Dio, che crea e disfa, glorifica e punisce i suoi figli, per dar loro la vita e impartire insegnamenti; che comanda a Mosè di salire sul monte sacro.
Un libro e un tema importante che, per mezzo della scrittura morbida di De Luca, avvicina ad un argomento meno conosciuto di quello che si potrebbe pensare, e stimola la curiosità e la voglia di approfondire.
"...chi può dire quando è invano quel nome sulle labbra? Se affiora in un affanno oppure in un pericolo: è invano? Con l'acqua o con il fuoco alla gola, davanti alla perdita di un affetto, un amore? La divinità non intende soffocare il suo nome che risale al petto in una voce scossa, commossa. Il suo rigo era più solenne e riguardava l'uso del suo nome in atto pubblico. "Non solleverai il nome": tutt'altro da pronunciarlo per impulso, si tratta di chiamare la divinità a garante di una testimonianza, di affermazioni. "Giuro su D. che", di questa formula si tratta. Non oserai sollevare quel nome a tutela di una falsità".
"Cominciava una notte senza luna, le stelle ardevano a fiaccolata di una processione. Gli uomini si accostarono alle donne per sigillo del giorno prodigioso e per urgenza di una generazione che premeva. "E amerai": questa era giusta e ultima consegna. Le riassumeva tutte"