Primo romanzo della scrittrice, più nota per il successivo L'eleganza del riccio, questo divertente romanzo colpisce per l'aulicità del linguaggio e l'originalità terminologica utilizzata nel parlare di cibo ma non solo; tutto il racconto risulta nell'insieme scorrevole, piacevole e accattivante.
Protagonista principale è Monsieur Arthens, critico gastronomico arrogante e cinico, conosciuto e temutissimo nell'ambiente culinario, per i suoi categorici giudizi, capaci di distruggere o elevare a ranghi di eccellenza chef e ristoranti da lui censiti.
Ormai in punto di morte, viene ripercorsa la sua vita e la sua carriera attraverso parole sue e di chi, accanto a lui, è vissuto: ex moglie, figli, un gatto, amanti e la portinaia Renée. Il tutto nella personale ed estrema ricerca, da parte del protagonista, di un sapore primordiale e sublime, che sa di aver conosciuto bene, pur non ricordando dove nè a quale cibo ricondurre e che desidera ardentemente riassaporare prima di morire.
Il coro delle voci che si susseguono appare unanime nel descrivere un uomo sprezzante e cinico, privo di tatto e di moralità, che ha saputo fare, tuttavia, del suo mestiere un'arte grandiosa e potentissima.
Solo alla fine, con le ultime forze rimaste, riuscirà a ricordare la provenienza di quel sapore, semplice e basilare, molto lontano da quelli elaborati e raffinati ai quali, nel tempo, si era abituato, degustandolo per l'ultima volta con voluttà e misticismo, in un trionfo di sensi e di passione antichi, quali mai più nella vita, seppur disinvolta e dedita ai piaceri più intensi, avrebbe provato.
"Ormai niente ha più importanza. Eccetto questo sapore che inseguo nei recessi della memoria e che, furente per un tradimento che io nemmeno ricordo, mi resiste e ostinatamente mi sfugge".