Nella trilogia allendiana che comprende oltre al libro di cui stiamo parlando, "La figlia della fortuna" e "La casa degli spiriti", "Ritratto in seppia" si pone al centro.
Anche qui, come spesso avviene nei libri della Allende, dopo un inizio "difficile" si dipana una trama avvincente e generosa, largamente autobiografica, ambientata in parte a S. Francisco e in parte Cile.
Protagonista principale e voce narrante dalla seconda parte in poi è Aurora, bambina prima e ragazza poi, che non ricorda nulla dei suoi primissimi anni di vita, di cui l'autrice per voce esterna ha raccontato nella prima parte del libro. Aurora sa solo di essere figlia di una donna bellissima morta durante il parto, e di un uomo che non l'ha voluta riconoscere, vive in una grande e lussuosa casa con la nonna paterna: signora stramba ed eccentrica ma argutissima che l'accompagnerà come un'ombra dai 5 anni per tutta la crescita, un maggiordomo (che poi diventerà il marito della nonna) e un cane: Caramello.
La passione di Aurora per la fotografia ed un maestro illuminato la avvicinano progressivamente a quest'arte complessa e misteriosa, attraverso la quale Aurora riesce a tradurre e comunicare la sua realtà.
Ad un certo punto inizia ad avere frequenti incubi, nei quali si vede per mano di una persona amata che non riesce ad identificare, successivamente i due vengono circondati da inquietanti figure vestite di nero, che costringono Aurora a lasciare la mano di quella persona che tanto ama.
Si sposa con Diego Dominguez, uomo affascinante conosciuto a Parigi che lascerà in seguito alla scoperta dei suoi tradimenti con la cognata, e intraprende successivamente una relazione con il dottor Ivan Radovic. La morte della nonna Paulina segnerà Aurora ma è anche il momento del ritorno nella sua vita della nonna materna Eliza, che non vedeva da quando aveva cinque anni. Eliza racconta ad Aurora i primi anni della sua vita vissuti con lei ed il nonno Tao: solo allora Aurora capisce che la persona con lei nei suoi incubi è proprio il nonno Tao Chi'en, e che sono scene realmente vissute durante un'aggressione subita con lui a Chinatown da una banda di cinesi, che picchiarono il nonno costringendolo a lasciare la mano di Aurora, portata fortunatamente in salvo.
"La macchina fotografica è uno strumento semplice, anche il più stupido può usarla, la sfida consiste nel creare attraverso di essa quella combinazione tra verità e bellezza chiamata arte. È una ricerca soprattutto spirituale. Cerco verità e bellezza nella trasparenza d’una foglia d’autunno, nella forma perfetta di una chiocciola sulla spiaggia, nella curva d’una schiena femminile, nella consistenza d’un vecchio tronco d’albero e anche in altre sfuggenti forme della realtà. Alcune volte, mentre lavoro su un’immagine nella mia camera oscura, fa la sua comparsa l’anima di una persona, l’emozione di un evento o l’essenza vitale di un oggetto, e allora il cuore mi trabocca di felicità e libero il pianto, non riesco a farne a meno”.
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